lunedì 21 febbraio 2011

L'Italia e i suoi Fratelli ...


Credo che almeno mezza Italia abbia assistito al monologo di Benigni l'altra sera, al festival di Sanremo.
Anch'io l'ho fatto e non nego che la performance è stata notevole: Benigni è istrionico e accattivante e quel suo canticchiare l'inno di Mameli, a bassa voce, a luci soffuse, è stato, quasi, ripeto, quasi, commovente.
Ma c'era qualcosa in quei concetti che non mi piaceva, ho sentito delle posizioni, dei concetti che pensavo non appartenessero al popolo di sinistra, al pubblico che generalmente assiste entusiasta alle performance di Benigni.
Percio' mi sono subito collegato a Internet e in Facebook ho subito scritto il mio pensiero: "Benigni sa sempre attirarci con interventi ora divertenti, ora dotti, sempre emozionanti. E forse il particolare momento che viviamo ci porta a considerarci un po' dei novelli carbonari che tramano e combattono per una nuova libertà.
Ma mi chiedo: c'è da vantarsi ad essere italiani? non voglio dire che l'Italia in questo momento non ci merita (anche se è vero), ma ci si puo' vantare di "possedere una nazionalità" ? ci si puo' vantare di essere nati in un determinato preciso punto del pianeta? o non dovremmo piuttosto vantarci, semplicemente, di "esserci", solo in quanto persone vive, individualmente uniche? io sono orgoglioso dei risultati che sono riuscito ad ottenere io, o con l'aiuto di chi mi ha voluto bene, risultati grandi o piccoli che siano, ma non mi sento orgoglioso di essere nato a 300 kilometri da dove è nato Dante o Leonardo, non è un mio merito, è stata solo una fortuita coincidenza ... io la penso cosi'
Benigni è un grande e lo invidio anche un po', ma tutto questo patriottismo io non lo capisco".

Quella sera FB era piena zeppa di commenti entusistici su quanto avevamo appena visto a Sanremo, tutti, destra sinistra e centro (salvo qualche leghista, forse), si sperticavano nelle lodi del ritrovato patriottismo, nell'entusiastica celebrazione della bellezza di essere italiani, dell'orgoglio di essere conterranei di personaggi che hanno conquistato il mondo, con l'arte, con l'ingegno o con la spada.
Francamente ero esterefatto: l'ultima volta che si è sentito il panegirico di Scipione l'Africano, in Italia, credo fu quando il duce annuncio' l'inizio dell'impero italiano, con l'invasione dell'Eritrea e della Somalia. Correva l'anno 1935, XIII dell'era fascista.
Giovedi scorso il coro era unanime, perfino il mio sindaco, buon ragazzo dell'oratorio, twittava al mondo la sua commozione.
Francamente, ero senza parole.
Nessuno si esprimeva a sostegno delle mie tesi, che potete trovare molto argomentate nei commenti seguiti alla mia nota su FB. 
Ma finalmente, stasera, scopro che qualcun altro, molto piu' autorevole di me, ha espresso i suoi dubbi sui concetti espressi da Benigni e la cosa, francamente, mi ha risollevato: che abbia anche lui (come Bersani settimana scorsa!) preso spunto dalle mie note? so che non è vero, ma ... non si sa mai

martedì 15 febbraio 2011

Bersani apre alla Lega

Chi dice "io l'avevo detto", passa sempre un po' per antipatico e saccente, pero' ... io l'avevo detto.
L'apertura di Bersani alla Lega per parlare, ed eventualmente approvare, il federalismo è , a mio parere, una mossa possibile per riuscire a scalzare B. dal suo scranno, a cui invece lui continua a rimanere abbarbicato.
Come dicevo in quel post, la mia proposta era di "costituire un governo a termine con lo scopo preciso di approvare il federalismo ed una nuova legge elettorale. Fatto questo, ognuno per la sua strada e si torni a votare".
Oggi, con la novità del rinvio a giudizio (immediato) per Berlusconi credo che per la Lega la proposta possa essere l'unica via di scampo, per non rimanere schiacciata da un peso troppo grande da sopportare, anche per loro.
Il momento comunque è molto delicato ed anche rischioso. Vedremo se e come ne usciremo.
Per ora, con i dovuti distinguo, condivido la proposta di Bersani.
In ogni caso è una piccola soddisfazione: forse Bersani legge il mio blog?

martedì 8 febbraio 2011

Se non ora, quando?

Pubblico l'appello alla mobilitazione delle donne italiane per Domenica 13 febbraio, in tutte le città d'Italia.

"In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che – va ricordato nel 150esimo dell’unità d’Italia – hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.
Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.
L’APPUNTAMENTO E’ PER IL 13 FEBBRAIO IN OGNI CITTA’ ITALIANA"


A Milano la manifestazione si terrà in Piazza Castello, alle 14:30

venerdì 4 febbraio 2011

Legge elettorale: la vogliamo cambiare si o no?

Mettiamo in chiaro una cosa: quando Berlusconi dice che non se ne va perchè la maggioranza degli italiani lo ha votato, dice un'emerita ... bugia.
Infatti, nel 2008, quando gli aventi diritto al voto in Italia erano 47 milioni 126 mila, il suo partito ha avuto 13 milioni 629 mila voti, pari a circa il 29%, cioè meno di 3 italiani su 10 lo hanno votato.
Se poi guardiamo alle elezioni successive, quelle del 2009 per il Parlamento europeo, a fronte di 50 milioni e 410 mila aventi diritto, ha raccolto solo 10 milioni e 807 mila voti, con una percentuale del 21.4%, quindi circa 2 italiani su 10 (vuol dire, grossolanamente, che 1 italiano su 10, in un anno, lo ha abbandonato).
Berlusconi si trova al governo del nostro Paese e con la maggioranza assoluta del Parlamento che lo sostiene (anche se per un voto soltanto) semplicemente grazie ad una legge elettorale, fatta da PDL e Lega nel 2006, che definire "porcellum", come ha fatto Calderoli, è un eufemismo.
Tre sono i motivi principali per cui tale legge deve essere cancellata e modificata prima possibile e credo siano ormai piu' che risaputi.
Primo: le liste bloccate. Il cittadino viene privato del diritto di votare direttamente i suoi rappresentanti, puo' soltanto mettere una croce sul simbolo di un partito, al quale viene demandata la scelta delle persone da eleggere, secondo una lista prefissata.
Secondo: il premio di maggioranza. Il partito o la coalizione che ha anche un solo voto piu' degli altri, prende tutto, si aggiudica la maggioranza assoluta dei seggi.
Terzo: il Senato regionale. Mentre i Deputati vengono scelti a livello nazionale (cioè in base ai voti ottenuti dal partito a livello nazionale), per il Senato vale la conta dei voti regione per regione, e quindi gli eletti vengono scelti su base regionale (una sottospecie di federalismo, cui evidentemente la Lega, come sempre preda di strabismo geografico, teneva molto). In seguito a questa modalità, se si andasse a votare oggi, con le previsoni che danno i sondaggi e supponendo che i contendenti siano i tre "poli" del momento (centro-sinistra, centro-destra, centro), nessuno dei tre avrebbe la maggioranza del Senato, facendoci precipitare nella piu' totale ingovernabilità.
A questo punto, credo che la domanda sia molto semplice: perchè nessuno dei partiti di opposizione presenta in Parlamento una proposta per la modifica dell'attuale legge elettorale? perchè non si comincia a parlare di questo tema? capisco che trovare un accordo sul sistema elettorale è praticamente impossibile, ogni partito ha la sua soluzione, ma una politica dei "piccoli passi" non potrebbe cominciare a dare l'impressione di fare qualcosa di utile per il Paese? ad esempio, la semplice introduzione della preferenza (unica) restituirebbe ai cittadini la possibilità di scegliere il proprio rappresentante, seppur all'interno di una lista proposta dal partito. Questo renderebbe gli eletti piu' attenti agli interessi dei cittadini, piuttosto che a quelli del capo partito che li ha nominati, contribuendo a restituire un barlume di moralità al carozzone della politica.
Sarebbe poi opportuno ridurre il premio di maggioranza, oppure vincolarlo al raggiungimento di una percentuale minima o di un distacco notevole dagli avversari. Magari a scapito della governabilità, si riconoscerebbe maggior peso ad una "minoranza qualificata", in grado di contrastare efficacemente eventuali colpi di mano della maggioranza.
Insomma, come già espresso piu' volte su questo blog, la mia speranza è che i leader dell'opposizione (e penso soprattutto a Bersani ed al PD) tirino fuori un po' di coraggio e comincino a fare qualcosa di concreto per il Paese.
Purtroppo, credo che anche su questo argomento, la mia speranza andrà irrimediabilmente delusa.