lunedì 31 maggio 2010

La Costituzione: ARTICOLO 15 - Libertà e segretezza della comunicazione personale

La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.


Ad una prima lettura, viene quasi da chiedersi se questo articolo non sia inutile o quanto meno obsoleto. Si parla di "corrispondenza", di scambio di posta, qualcosa che forse non è piu' applicabile ai giorni nostri. E' ovvio che, come per altro asserisce lo stesso articolo, il principio vada esteso ad "ogni altra forma di comunicazione" e qui dentro ci stanno le telefonate, gli SMS, le e-mail ed ogni altra forma di comunicazione moderna tra le persone.
Allora si vede come il messaggio sia sempre attuale, anzi, estremamente attuale. Proprio in questi giorni infatti si discute al Parlamento, e in tutto il Paese, di intercettazioni, di privacy, del confine tra la sfera privata e la necessità, per poter indagare e prevenire truffe e crimini, di svolgere indagini e di "spiare" le persone.

L'articolo inizia con due parole molto importanti: libertà e segretezza.
Sulla prima, è molto facile capire e condividere il principio: nessuno puo' essere limitato nella sua libertà di parlare con chi vuole e di quello che vuole, non ci sono limiti alla libertà di espressione personale nei rapporti con le altre persone. Già altri precedenti articoli della Costituzione avevano affermato questo principio (art.3 e art.13) a livello generale, con questo articolo 15 inizia l'enunciazione di tutte le possibili situazioni e contesti in cui, concretamente, questa llibertà si estrinseca, si afferma.
Ben più complesso e discutibile, è invece il secondo aspetto, la segretezza: la discussione di questi giorni sulla legge anti-intercettazioni ne mostra l'attualità. La segretezza delle comunicazioni personali è un principio ed un diritto ovvio per tutti: non solo ciò che dico deve essere protetto, ma anche a chi lo dico. Non mancano gli esempi in cui questo principio è stato violato e la legge ha correttamente sanzionato il trasgressore: dal marito che spia la moglie, ai genitori che guardano le mail dei figli, all'investigatore privato o al direttore della sicurezza di qualche società che raccoglie informazioni sulle telefonate di privati cittadini e magari le vende a chi puo' trarre vantaggio da quelle informazioni.
Ma esistono delle eccezioni, l'articolo stesso ne stabilisce l'esistenza: l'autorità giudiziaria - la Magistratura - puo' porre delle limitazioni a questi principi, secondo quanto stabilito dalla legge, con tutte le garanzie del caso. Tutti sappiamo quanto siano state utili e risolutive le intercettazioni, telefoniche o ambientali, per far venire alla luce violazioni della legge, dalle piu' banali alle piu' gravi, fino alle stragi mafiose o di terrorismo. Percio' non c'e' dubbio che, ogni qual volta ci sia la necessità di perseguire un crimine, di verificare dei fondati sospetti, di prevenire l'attuazione di azioni delittuose, le intercettazioni non possano essere impedite. Il punto importante sta nel soggetto che le ordina e le attua: l'autorità giudiziaria. A tale autorità deve essere demandato il compito di custodire, secondo quanto stabilito dall'articolo costituzionale, la segretezza delle comunicazioni personali dei cittadini indagati, soprattutto di quanto non penalmente rilevante. Su tutto il resto, invece, devono valere le stesse norme applicate nelle indagini svolte con strumenti e metodi diversi: tutte le garanzie per l'indagato, ma trasparenza su cio' che consente di rendere pubbliche le ipotesi di reato, l'avanzamento delle indagini, i risultati raggiunti, a meno che questo non comprometta lo svolgimento dell'inchiesta. Non si dimentichi, infatti, che la Giustizia è amministrata dalla Magistratura "in nome del popolo italiano", che percio' ha il pieno diritto di conoscere chi non ha rispettato la Legge e come sono andate le cose.

giovedì 20 maggio 2010

Europa: in che mani siamo?

L'altalena delle borse e delle quotazioni dell'Euro di questi ultimi giorni, fanno vedere con chiarezza quanto sia debole e indifeso il sistema finanziario europeo.
Le scorribande degli speculatori mondiali hanno provocato profonde perdite e repentini guadagni con percentuali assolutamente inusuali, almeno in anni recenti. E senz'altro alcuni - pochi - avranno intascato rendite enormi, a danno del solito "parco buoi", i non addetti ai lavori, che come sempre si accollano le perdite.

Una domanda viene però spontanea in queste condizioni: ma i nostri politici, quelli che governano e prendono le decisioni di politica monetaria, finanziaria ed economica, sono all'altezza delle situazione ?
Una risposta precisa è forse impossibile, solo il tempo (e i risultati delle scelte di questi giorni, visibili solo tra molti mesi) potrà dire se le azioni e le decisioni prese sono quelle giuste. Nel frattempo, non ci resta che fare qualche considerazione, molto semplice, da non addetti ai lavori.

Primo: è evidente una mancanza di "governance" unitaria, di una posizione univoca e, in qualche modo, al di sopra delle parti, per la gestione delle questioni economiche in Europa. A parte la Banca Centrale Europea, unico organo comunitario di qualche peso, la politica finanziaria, fiscale e monetaria è nelle mani di ciascun singolo stato, che la interpreta e la definisce in base alle proprie, locali e limitate, esigenze, molto spesso dettate da banali, quanto miopi, considerazioni elettorali (cioè, vincere le elezioni).
Va da se' che questa situazione mostra tutta la sua debolezza nell'affrontare in maniera adeguata la situazione: una moneta, adottata da 16 paesi europei, ognuno dei quali agisce e si muove per proprio conto, diventa inevitabilmente bersaglio degli speculatori, essendo intrinsecamente incapace di porre in essere politiche e difese condivise e immediate, quando necessario.
In conclusione: l'adozione di una moneta unica avrebbe richiesto, fin da subito, una "governance" al di sopra delle parti, naturalmente espressione delle esigenze e dei governi di tutti i paesi, ma sostanzialmente autonoma nel muoversi e nell'agire quotidiano. Un'autorità di gestione, agile e autorevole, in grado di determinare gli indirizzi di natura finanziaria, economica e di tutto quanto connesso (quindi fino alla materia tributaria e fiscale), indispensabile se vogliamo tendere alla vera e sostanziale unità economica dell'Europa, unica possibilità per dare solidità alla moneta comune.

Il secondo punto, è piu' legato a come stanno andando oggi le cose ed alle scelte concrete dei politici del momento: siamo sicuri che gli attuali capi dei governi europei (con relativi ministri economici) sappiano il fatto loro? basta prendere ad esempio la Grecia: negli ultimi anni, i governanti locali hanno falsificato i numeri di bilancio dello stato, con la complicità di importanti società di rating, facendo vedere la situazione molto meno grave di quanto non fosse. Ma vi pare possibile? Ora, per colpa di un gruppo di persone senza scrupoli, anche se eletti dal popolo, non solo gli abitanti di quel paese, ma anche tutti noi, cittadini europei, paghiamo delle conseguenze pesanti e forse non del tutto ancora chiare.
Ma anche rimanendo in casa nostra, quali competenze puo' avere un governo con a capo una persona che ha costruito la sua fortuna prima costruendo palazzi, poi con il business delle TV, peraltro nate e cresciute in base a leggi ingiuste e improvvisate, frutto di clientelismi e, magari, anche di corruzione? Quali studi ha fatto Berlusconi? cosa ne sa di Macro-Economia e di Economia Politica ? mentre lui faceva lo "chansonnier" sulle navi da crociera, gli statisti della sua generazione si facevano il mazzo all'università.
E il ministro dell'economia? lui almeno è laureato (anche se in Giurisprudenza), ma ha sempre fatto il consulente tributario, oltre ad insegnare all'Università ed essere stato il pupillo economico di De Michelis ...
Provate a leggervi il curriculum di Timothy Geithner, suo corrispondente nell'amministrazione Obama. Giusto per capire la differenza ...
Per affrontare momenti cosi' critici e determinanti per la qualità della vita di tutti noi e per il futuro dei nostri figli, servirebbero persone in grado di raccogliere, degnamente, la fiducia dei cittadini, persone preparate e sicuramente interessate, prima di tutto, al bene del proprio paese. Non saltimbanchi, nani o illusionisti, sempre pronti a proteggere prima i loro affari e mai gli altri, provincialotti arricchiti, mezze tacche da operetta, gente che non solo non conosce le leggi dell'economia mondiale, ma nemmeno sa usare a dovere i congiuntivi.
In mano a questa gente, il futuro dell'Europa intera non puo' essere che preoccupante e incerto.
Forse è ormai tempo che ce ne rendiamo conto e cominciamo a fare qualcosa.

venerdì 14 maggio 2010

I partiti in Italia: IDV e la democrazia che non c'è

Imperversa la bufera sui partiti italiani: il PDL è sconquassato da diatribe interne, scandali e arresti, il PD dai dubbi organizzativi, "primarie si, primarie no", IDV da lotte intestine che chiedono più democrazia interna.

Lo Stato, inteso come insieme delle leggi e dei sistemi di garanzia della democrazia, regolamenta ogni minimo aspetto della vita delle persone, sia fisiche sia giuridiche. La Costituzione, i codici civile e penale e tutte le altre leggi dello Stato stabiliscono regole e sanzioni per le persone, per le società personali o di capitali, per le associazioni, prevedendo pene e ammende per chi non si comporta secondo le leggi.
Quindi, mentre sappiamo, fin nei minimi dettagli, come deve svolgersi la vita in un condominio, niente invece ci viene detto per i partiti: come devono organizzarsi, su quali principi e quali regole devono fondarsi, quali garanzie devono assicurare. Niente di niente. Eppure la Costituzione stabilisce che i partiti sono gli attori e gli strumenti per la vita democratica della Repubblica, i soggetti attraverso i quali i cittadini partecipano e gestiscono lo Stato, la cosa pubblica. Qualcosa di piu' grande e rilevante di un condominio, mi pare.

Sulla base di queste considerazioni, ho voluto approfondire la conoscenza delle regole e degli statuti che ogni partito, in piena autonomia, ha voluto darsi. La situazione che ne emerge, a mio avviso, è preoccupante: altro che paladini della democrazia, spesso i partiti sono strumenti, blindati e inattaccabili, nelle mani di pochissime persone, a volte anche di una sola. Con anche, a volte, regole e organizzazioni al limite della legalità. Almeno per quanto io ne capisca.

Comincio da quello che mi pare l'esempio piu' emblematico ed eclatante: l'Italia dei Valori. Alla faccia della sua immagine di strenuo e quasi unico difensore della legalità, contro i soprusi e le leggi "ad personam" del governo e di Berlusconi, il partito è organizzato come una proprietà privata, con tanto di filo spinato e accessi blindati, nelle mani di un unico proprietario: Antonio Di Pietro.
In pratica, IDV è strutturato come una associazione, composta da 9 persone (nella precedente versione erano addirittura 7), definita "Ufficio di Presidenza". Queste persone, sostanzialmente tutte di nomina del Presidente (= Di Pietro) sono le uniche abilitate, per statuto, a modificare lo statuto stesso. Tra queste, vi è il Tesoriere (Silvana Mura), unico autorizzato a chiedere e incamerare i rimborsi elettorali. Quindi, potere e soldi (pubblici) sono saldamente nelle mani di pochissimi, anzi di una sola persona: il Presidente.
Al di sotto si questa "cellula plenipotenziaria", vi è il partito, con le sue strutture territoriali, ma (Art.3) con "propria responsabilità amministrativa, finanziaria, contabile, fiscale e civile" e senza poter "in alcun modo vincolare o impegnare il partito nazionale" (cioè l'associazione di cui sopra). Quindi è come se il partito territoriale fosse costituito di entità separate, con propria autonomia anche finanziaria (vivono infatti delle tessere, che non vengono versate al livello nazionale, per non avere alcun legame vincolante) e che ricevono di volta in volta l'autorizzazione (anche formale e a tempo determinato) per "concorrere alle competizioni elettorali" e per poter utilizzare il simbolo del partito, detenuto formalmente dal Presidente (= Di Pietro). L'ufficio di Presidenza (l'associazione di cui sopra) puo' sciogliere qualsiasi struttura territoriale, in caso di "grave violazione dello Statuto nazionale o delle direttive di ordine generale impartite". Della serie: o fai come dico io, o ti elimino.
Le assemblee territoriali (secondo i regolamenti approvati dall'ufficio di Presidenza) eleggono dei "delegati", che, assieme a (quasi) tutti gli eletti nelle liste del partito, partecipano al Congresso (da tenere ogni 4 anni), che a sua volta elegge il Presidente del partito. Questo è l'unico barlume di democrazia interna, anche se, per come sono andate le cose all'ultimo congresso (febbraio 2010), pare che alle minoranze non sia dato praticamente alcuno spazio: le varie mozioni sono state presentate in 5 minuti, senza discussione e senza votazione. Il presidente (= Di Pietro) e' stato eletto per acclamazione.

In conclusione, mi risulta difficile immaginare come una struttura così centralistica, così personalistica, basata sul carisma di una singola persona, possa parlare, coerentemente e convintamente, di democrazia, di come proteggerla e di come favorirla. Non capisco poi come personalità di spicco, famose e rispettabili per la loro storia e le loro azioni, possano convintamente far parte di un partito così spudoratamente contraddittorio nell'applicazione delle piu' basilari regole della trasparenza, della correttezza e della democrazia. In ultimo, purtroppo, non mancano gli esempi, anche recenti - vedi la questione sui referendum sull'acqua pubblica - per confermare i sospetti che alla fine tutto si faccia e si muova per incamerarsi i rimborsi elettorali, una montagna di milioni di Euro, che escono dalle nostre tasche, approfittando della buona fede e della speranza di cambiamento della gente.
Ma se questa è la parte che vorrebbe candidarsi ad essere "la migliore", che ne sarà del resto?
L'appuntamento è a tra poco, per l'analisi delle regole di qualche altro partito. Augurandoci "buona fortuna".

mercoledì 5 maggio 2010

Nucleare: tecnologia francese (EDF / AREVA) a rischio negli Stati Uniti

I programmi di sviluppo del nucleare negli Stati Uniti stanno subendo un notevole ridimensionamento, almeno per quanto riguarda i piani di attivazione dei reattori di terza generazione EPR (Enhanced Pressurized Raector), tecnologia posseduta dalla francese AREVA (tanto per intenderci, gli stessi che si vorrebbe installare qui da noi).

Tutti e 7 i reattori EPR previsti nel 2007 negli USA stanno incontrando difficoltà di vario tipo e 5 di essi sono al momento completamente bloccati:
- Calvert Cliff (Maryland): 1 reattore previsto. La richiesta di licenza sta procedendo, anche se ci sono due ricorsi aperti: uno per violazione della legge che regola la proprietà e l'accesso di società straniere ai siti di produzione di energia atomica negli USA (l'azienda costruttrice, UniStar - società a responsabilità limitata!!! - e' per il 49.9% di proprietà della francese EDF), l'altro per la mancanza di un piano per la gestione e lo stoccaggio delle scorie
- Bell Bend (Pennsylvania): 1 reattore previsto. La richiesta sta procedendo nel suo percorso per ottenere la licenza di esercizio, anche se al momento sono state avanzate una infinita serie di Richieste di Informazioni Addizionali (RAI) in merito al piano di impatto ambientale e si attendono le contro-repliche dell'azienda costruttrice (UniStar). Altre richieste di ricorsi sono state al momento bloccate.
- Nine Mile Point 3 (New York): 1 reattore previsto. La richiesta di licenza è bloccata, almeno fino a settembre 2010.
- Callaway (Missoury): 1 reattore previsto. Dal 23 giugno 2009 la richiesta di licenza è stata sospesa a tempo indeterminato (su richiesta della stessa azienda richiedente, la AmerenEU, in consorzio con UniStar).
- Amarillo (Texas): 2 reattori previsti. L'azienda costruttrice (Amarillo Power in consorzio con UniStar) ha ritardato la presentazione della richiesta di licenza, in attesa di ulteriori verifiche. Non ci sono previsioni per la presentazione.
- Hammet (Idaho): 1 reattore previsto. La presentazione della richiesta di licenza è stata ritardata da Alternate Enrgy Holding, nessuna previsione sulla data di presentazione.

In sintesi, il piano di rilancio del nucleare, fiore all'occhiello di Bush (e peraltro caldeggiato anche da Obama), basato sulla tecnologia francese, sta lentamente naufragando, forse a causa di problemi di sicurezza, ma piu' probabilmente per le piu' approfondite analisi economiche che mostrano l'assoluta impossibilità di ottenere dei profitti. Al punto che la francese EDF sta addirittura meditando sul ritiro dall'avventura americana.

Dettagli e aggiornamenti: qui

lunedì 3 maggio 2010

Nucleare: a Cattenom (Francia), 4 incidenti in 30 giorni

Una nuova segnalazione di incidenti nucleari ad una centrale francese.
Questa volta è capitato a Cattenom, paesino della Lorena, nel nord-est della Francia (30 km dal Lussemburgo, altrettanti dalla Germania - la centrale è sotto alle nuvole bianche di vapore che si vedono in basso a sinistra nella foto).
Come riporta il giornale locale, Le Republicain Lorrain, nei giorni 17 e 18 marzo, ben due reattori dei 4 presenti nell'impianto, sono andati in arresto automatico: il primo per un difetto della regolazione della turbina (circuito secondario), il secondo per un problema ad uno dei 4 misuratori del flusso di neutroni (di cui uno gia' in manutenzione). Dopo un fermo di 48 ore, la produzione di energia è ripresa regolarmente, senza "impatto sul livello di sicurezza della centrale", come dice il comunicato ufficiale.
Il 6 aprile, è ancora il reattore numero 2 ad essere fermato, questa volta per precauzione, dagli operatori dell'impianto: una inondazione d'acqua alla sala macchine dovuta ad un errore umano durante attività di manutenzione, ha consigliato di fermare il reattore, per consentire controlli e accertamenti sull'accaduto.
Ancora un problema nella notte tra il 17 ed il 18 aprile (numeri fortunati, il 17 e 18): tracce di contaminazione interna (oltre il 40% del limite annuale) sono state individuate su un lavoratore dipendente di un'impresa esterna in occasione dei controlli sistematici in uscita dalla zona nucleare della centrale di Cattenom.

Naturalmente, difficilissimo trovare documentazione in rete dell'accaduto: come sempre, notizie di questo tipo vengono accuratamente bandite dai giornali.

L'impianto di Cattenom è di proprietà di EDF, società elettrica francese, in affari con Enel (per la costruzione delle promesse centrali nucleari in Italia), nonchè azionista di maggioranza di Edison, fornitore di elettricità italiano.
L'impianto di Cattenom, attivato nel 1986, ha subito parecchi incidenti, anche se mai con conseguenze gravi.